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Climate change ed emissioni: storico parere del Tribunale Internazionale per il Diritto del Mare

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Climate change ed emissioni: storico parere del Tribunale Internazionale per il Diritto del Mare

Il Tribunale Internazionale per il Diritto del Mare (ITLOS) per la prima volta si pronuncia in relazione alla responsabilità dei Paesi nella riduzione delle emissioni e nella lotta al cambiamento climatico con un parere che potrebbe fornire una leva per futuri casi climatici.

Nella sua prima pronuncia sul clima, il Tribunale Internazionale per il Diritto del Mare (ITLOS) ad Amburgo, in Germania, ha emesso un parere legale già definito “storico“. Ha infatti affermato che le emissioni di carbonio possono essere considerate inquinanti marini e che i Paesi hanno l’obbligo di adottare misure per mitigarne gli effetti sugli oceani.

L’”advisory opinion” (ossia un parere consultivo non legalmente vincolante) del tribunale è stato richiesto dal COSIS, un gruppo di nove piccoli Stati insulari minacciati dall’innalzamento del livello del mare.

“In quanto tutore legale del Trattato ONU sugli Oceani, il Tribunale Internazionale per il Diritto del Mare ha compiuto un passo fondamentale nel riconoscere che ciò per cui le piccole nazioni insulari hanno combattuto nelle negoziazioni della COP per decenni fa già parte del diritto internazionale“.

Questo quanto ha dichiarato il Professore Payam Akhavan, rappresentante legale del COSIS a seguito della pronuncia.

“I principali inquinanti devono prevenire danni catastrofici alle piccole nazioni insulari e, se non lo fanno, devono compensare per le perdite e i danni”, ha aggiunto il legale.

Il caso sul clima portato avanti dai piccoli Stati insulari

La causa è stata intentata dalla Commissione dei piccoli Stati insulari sui cambiamenti climatici e il diritto internazionale (COSIS), composta da Tuvalu e Vanuatu, Antigua e Barbuda, Bahamas, Niue, Palau, St. Kitts e Nevis, St. Lucia, St. Vincent e Grenadine.

Il COSIS sostiene che la maggior parte dei Paesi è obbligata a proteggere l’ambiente marino in base alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, anche dalle emissioni di gas serra.

“Veniamo qui in cerca di aiuto urgente, nella forte convinzione che il diritto internazionale sia un meccanismo essenziale per correggere l’ingiustizia manifesta che il nostro popolo sta subendo a causa del cambiamento climatico”, aveva affermato di fronte al Tribunale Internazionale per il Diritto del Mare nelle udienze di settembre il primo ministro di Tuvalu.

Come denunciano il COSIS, i paesi insulari a bassa quota come Tuvalu e Vanuatu rischiano di essere sommersi dalle acque entro la fine del secolo a causa dei cambiamenti climatici. “Gli eventi meteorologici estremi stanno uccidendo la nostra gente e distruggendo le nostre infrastrutture”, aveva aggiunto il primo ministro.

L’oceano assorbe il 25% delle emissioni di CO2 e il 90% del calore in eccesso, generando il 50% dell’ossigeno del pianeta. Tuttavia, l’inquinamento da carbonio sta danneggiando gravemente gli oceani, , compromettendo la capacità dell’oceano di assorbire CO2 e causando inoltre lo sbiancamento e l’acidificazione dei coralli.

Nonostante rappresentino meno dell’1% delle emissioni globali, i piccoli Stati insulari sono gravemente colpiti.



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Cos’è un advisory opinion

Un advisory opinion, o parere consultivo, è un’opinione emessa da un’istituzione giuridica su una questione legale o politica su richiesta di un’autorità competente. Questo tipo di parere non è vincolante, il che significa che non ha forza giuridica obbligatoria, ma fornisce una guida o un’interpretazione su su come la legge o la costituzione si applicherebbe a tale caso.

Le opinioni consultive sono spesso richieste da organizzazioni internazionali o da Stati membri per chiarire questioni legali complesse o per ottenere una valutazione indipendente di una situazione specifica.

I punti chiave del parere consultivo richiesto al Tribunale internazionale

Il Tribunale Internazionale per il Diritto del Mare – istituito ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare, accordo internazionale che stabilisce un quadro giuridico per tutte le attività marine e marittime – ha emesso quello che è conosciuto come un parere consultivo sugli obblighi degli Stati di proteggere l’ambiente marino in conformità con questo trattato globale.

Questo parere specifica quali azioni devono intraprendere i paesi per affrontare il cambiamento climatico, sia nei loro tribunali nazionali e regionali, sia attraverso piani climatici nazionali e impegni internazionali come quelli presi durante incontri come la COP29.

Al Tribunale gli è stato chiesto di considerare tre domande: le emissioni di gas serra si qualificano come inquinamento marino? Quali sono gli obblighi dello Stato per prevenire e ridurre tale inquinamento? Quali sono i loro obblighi per proteggere e preservare gli oceani dagli impatti del cambiamento climatico?

La pronuncia del Tribunale Internazionale per il Diritto del Mare

Il Tribunale ha concluso che le emissioni di gas serra prodotte dall’uomo costituiscono una forma di inquinamento marino. Ciò significa che, l’obbligo legale per gli Stati di proteggere e preservare l’ambiente marino definito nella Convenzione ONU sul Diritto del Mare (UNCLOS) si applica anche ai principali responsabili della crisi climatica.

“Gli Stati hanno anche l’obbligo di proteggere e preservare l’ambiente marino dagli impatti del cambiamento climatico e dall’acidificazione degli oceani”. Lo ha dichiarato il Giudice Albert Hoffman, secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Euronews, nella lettura del parere consultivo del Tribunale di Amburgo martedì.

“Dove l’ambiente marino è stato degradato, questo obbligo può richiedere misure per ripristinare gli habitat marini e gli ecosistemi”, ha aggiunto il giudice.

Il Tribunale ha sottolineato che le azioni per contrastare il cambiamento climatico devono essere basate su dati scientifici affidabili e che, anche in presenza di incertezze scientifiche, si deve applicare il principio di precauzione previsto dal diritto internazionale.

Inoltre, ha precisato l’ITLOS, anche se uno Stato rispetta gli impegni dell’Accordo di Parigi, questo non significa automaticamente che abbia adempiuto ai suoi doveri legali previsti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (UNCLOS).

Quest’ultimi infatti, sono obblighi indipendenti legati al cambiamento climatico.

Il parere consultivo ha riconosciuto che la Convenzione rappresenta uno strumento per affrontare “l’ingiusta situazione” vissuta dai paesi in via di sviluppo e vulnerabili al clima. Questi infatti hanno contribuito (e contribuiscono, n.d.r.) meno al cambiamento climatico ma ne subiscono le conseguenze più gravi.

Il giudice Hoffman ha affermato che i paesi devono prendere tutte le misure necessarie per evitare che le loro emissioni danneggino gli altri stati e l’ambiente.

Inoltre, ha aggiunto che gli Stati hanno il dovere di aiutare i paesi in via di sviluppo – specialmente quelli più vulnerabili ai cambiamenti climatici – nel combattere l’inquinamento marino causato dalle emissioni.

Il Tribunale ha sottolineato infine che il cambiamento climatico rappresenta una “minaccia esistenziale” che solleva preoccupazioni per i diritti umani, in una pronuncia che conferma e riconosce ancora una volta il legame tra il rispetto dei diritti umani e l’impegno dei paesi ad agire sul clima.

Lo scorso mese infatti, la Corte Europea dei Diritti Umani ha emesso una storica sentenza condannando la Svizzera per aver violato i diritti umani di alcune donne non facendo abbastanza per combattere il riscaldamento globale.

La pronuncia nella lotta al cambiamento climatico

Questo parere consultivo del Tribunale UN per il diritto del mare, anche se non ha un valore vincolante, esperti ritengono potrebbbe influenzare significativamente decisioni future su questioni climatiche.

La decisione potrebbe infatti influenzare i pareri legali della Corte Interamericana dei Diritti Umani e della Corte Internazionale di Giustizia, anche queste chiamate ad esprimersi sugli obblighi climatici degli stati.

Dal canto loro, attivisti e avvocati ambientalisti auspicano che il parere influenzi i negoziati internazionali della COP29 (dall’11 al 24 novembre 2024 in Azerbaijan) spingendo i paesi a fissare obiettivi climatici più ambiziosi.

Per il Primo Ministro di Antigua e Barbuda, Gaston Browne, l’opinione del ITLOS guiderà il lavoro futuro sul “fronte legale e diplomatico per porre fine all’inazione che ha portato (gli stati insulari, n.d.r) sull’orlo di un disastro irreversibile“.

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