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Isole remote piene di plastica: lo studio che rivela l’impatto dei grandi marchi

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Isole remote piene di plastica: lo studio che rivela l’impatto dei grandi marchi

“Le isole più remote sono colpite in misura sproporzionata dall’inquinamento da plastica, spesso proveniente da altre fonti”, ricordano i ricercatori dell’Università Royal Holloway di Londra e dell’Istituto di Zoologia della ZSL nella recente indagine relativa ai rifiuti presenti sulle spiagge dell’arcipelago di Chagos.

Comprendere le origini dei rifiuti di plastica, aggiungono gli scienziati nella ricerca pubblicata su Marine Pollution Bulletin, risulta fondamentale per fermare l’inquinamento alla fonte.

La nuova ricerca sulla plastica delle isole Chagos

Gli studiosi hanno analizzato i rifiuti di plastica presenti sulle spiagge dell’arcipelago di Chagos, un gruppo di piccole isole situate nell’Oceano Indiano, circa a metà strada tra l’Africa e l’Indonesia (a sud delle Maldive e a nord-est rispetto alle Mauritius) e parte della più grande riserva marina al mondo, quella del British Indian Ocean Territory.

Nonostante le isole Chagos siano state dichiarate riserva marina protetta, dallo studio risultano fortemente inquinate da plastica. In meno di 4 km infatti, i ricercatori hanno registrato 5181 bottiglie di plastica e 962 tappi staccati. Un dato che risulta particolarmente allarmante se si considera che solo una delle 55 isole dell’arcipelago è attualmente abitata.

Analizzando le informazioni presenti sui tappi e le bottiglie, lo studio ha rivelato che il 99.9% degli oggetti proviene da fuori regione. Degli articoli, il 72% risulta inoltre prodotto da soli due grandi marchi, Danone e Coca-Cola, in paesi quali IndonesiaCina e Maldive. In particolare, il 44% dei rifiuti di plastica trovati proviene da Danone mentre il 28% risulta di Coca-Cola Company e filiali.

Secondo gli scienziati, il 10% di rifiuti di plastica trovati tra cui tutti i articoli prodotti in Cina, proveniva da navi in transito nell’arcipelago.



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Il problema dell’inquinamento da plastica sulle isole remote

Come ricordano gli scienziati nello studio, le isole remote sono particolarmente vulnerabili all’inquinamento da plastica a causa dell’accesso limitato ai servizi di smaltimento dei rifiuti e dei costi elevati associati alla pulizia regolare. Tale massiccio inquinamento, ha conseguenze devastanti sulla vita marina, interferendo con processi cruciali come la deposizione delle uova da parte delle tartarughe marine e rischiando di soffocare gli uccelli marini, che sempre più spesso finiscono intrappolati in sacchetti di plastica e reti.

È dunque fondamentale capire le fonti di questo inquinamento per poter intraprendere azioni efficaci di contrasto, ribadiscono gli studiosi. “L’identificazione dei marchi che creano l’inquinamento della plastica in MPA (Marine Protected Area, n.d.r) remote con elevata biodiversità supporta la responsabilità estesa del produttore, una delle aree di sviluppo delle politiche proposte dal Trattato globale sulle materie plastiche”, si legge ancora nella ricerca.

Per Jessica Savage, autrice dello studio e ricercatrice presso l’Istituto di Zoologia di ZSL e Royal Holloway, i risultati dell’indagine si aggiungono alle crescenti prove che confermano come “un piccolo numero di multinazionali alimentari e delle bevande siano responsabili per la maggior parte dei detriti di plastica lavare su coste remote”.

“Ci auguriamo che il Trattato globale sull’inquinamento da plastica sostenga la Responsabilità Estesa del Produttore e che i marchi evidenziati in questo studio si impegnino in soluzioni di riduzione della plastica”, ha concluso la ricercatrice.

Il Global Plastics Treaty

Il Trattato globale sull’inquinamento da plastica (Global Plastics Treaty) è un’iniziativa del programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) che vede il coinvolgimento di 173 paesi e che mira a intervenire su tutta la catena di produzione e smaltimento della plastica.

I negoziati, avviati nel 2022 e che dovrebbero concludersi a dicembre 2024,cercano di stabilire un quadro legale vincolante per gestire l’intero ciclo di vita della plastica, con l’obiettivo di ridurre la produzione e migliorare la gestione di questi rifiuti.

La Responsabilità Estesa del Produttore (EPR)

Una delle misure considerate cruciali nel contesto del Global Plastics Treaty è la Responsabilità Estesa del Produttore (EPR, l’Extended Producer Responsibility),una politica che prevede che le aziende produttrici di plastica siano responsabili dei loro prodotti lungo tutto il ciclo di vita. L’obiettivo della EPR è quello di incentivare le aziende a innovare verso soluzioni più sostenibili e ridurre la quantità di plastica che finisce negli oceani e in altri ambienti naturali.

La EPR infatti rappresenta un cambiamento significativo rispetto ai modelli tradizionali di gestione dei rifiuti, in cui la responsabilità ricade principalmente sui consumatori e sulle autorità locali.

L’implementazione della EPR come parte del Global Plastics Treaty mira quindi a creare un ciclo di vita della plastica più sostenibile, in cui la responsabilità è condivisa tra produttori, consumatori e governi. Questa politica dunque, non solo affronta direttamente il problema della plastica, ma promuove anche una cultura di responsabilità condivisa verso l’ambiente e l’attuale crisi climatica in corso.

Isole in pericolo: oltre l’inquinamento il cambiamento climatico

Gli effetti del cambiamento climatico e l’inquinamento ambientale rappresentano due delle principali minacce che l’umanità deve affrontare oggi. Questi fenomeni, che stanno trasformando il nostro pianeta a livello globale, stanno colpendo in modo particolarmente duro le comunità insulari sparse nei mari del mondo. Le isole, con la loro fragilità ecologica e la loro dipendenza dalla salute degli ecosistemi marini e terrestri circostanti, sono sotto una pressione sempre maggiore a causa dell’innalzamento del livello del mare, dell’erosione costiera, dell’acidificazione degli oceani e delle tempeste sempre più violente, oltre che dell’inquinamento legato al cattivo smaltimento di rifiuti come quella appena raccontata.

La difesa di queste piccole ma preziose porzioni di terra, rappresenta dunque una sfida a livello globale, con la responsabilità che va condivisa tra privati e Stati.

Come confermano sempre più pronunce dei tribunali internazionali infatti anche gli Stati, in quanto garanti dei diritti umani fondamentali (alla vita, alla salute e ad un ambiente sano, ad esempio), hanno il dovere di implementare e far rispettare misure che proteggono l’ambiente terrestre e marino, legati indissolubilmente alla salute umana.

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