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“Rifugiati climatici”: a Panama comunità da evacuare, ma il rischio è globale

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“Rifugiati climatici”: a Panama comunità da evacuare, ma il rischio è globale

I Guna di Gardi Sugdub sono solo la prima di 63 comunità di “rifugiati climatici” lungo le coste dei Caraibi e del Pacifico di Panama, costretti a trasferirsi altrove a causa del cambiamento climatico.

Oggi, circa 300 famiglie si stanno preparando a lasciare la piccola isola nell’arcipelago di San Blas, a largo della costa caraibica di Panama, e “una vita dedicata al mare e al turismo”. Lo scrive Associated Press, perché rischiano di essere sommersi dall’innalzamento del livello del mare, causato dal cambiamento climatico.

Cambiamento climatico e acque oceaniche

Il cambiamento climatico non solo sta portando a un aumento del livello del mare ma sta anche riscaldando gli oceani, alimentando tempeste più forti.

Ogni anno, soprattutto a novembre e dicembre quando i forti venti sollevano il mare, l’acqua riempie le strade ed entra nelle case sull’isola di Gardi Sugdub.

La comunità ha tentato di di proteggere l’isola rinforzandone i bordi con rocce, pali e coralli, ma senza successo.

“Ultimamente, il cambiamento climatico ha avuto un impatto significato – ha raccontato un giovane abitante dell’isola costretto ad evacuare -. Ora la marea raggiunge livelli mai visti prima, e il caldo è insopportabile.”

Lasciare l’isola rappresenta “una grande sfida, perché oltre 200 anni della nostra cultura sono legati al mare. – ha aggiunto Evelio López, un docente sull’isola -. Abbandonare quest’isola significa molto: lasciare il mare, le nostre attività economiche, per trasferirsi sulla terraferma, nella foresta. Vedremo quali saranno le conseguenze a lungo termine.”

Sulla terraferma, ad un costo di 12 milioni di dollari, il governo ha sviluppato un nuovo sito dove i rifugiati climatici di Gardi Sugdub potranno trasfersi.

“Le case di cemento si trovano su una griglia di strade asfaltate scavate nella lussureggiante giungla tropicale – si legge su AP – a poco più di un miglio (2 chilometri) dal porto, dove un viaggio in barca di otto minuti li porta a Gardi Sugdub.”

Ma il caso di Gardi Sugdub è tutt’altro che un’eccezione. Non solo isole infatti ma anche molte grandi città come New York, Amsterdam, Città del Messico, Mumbai, Venezia, rischiano di essere sommerse a causa del cambiamento climatico e dei sui effetti sui livelli del mare.

“Le coste di tutto il mondo stanno subendo gli effetti di questo fenomeno a ritmi diversi”. Lo ha ribadito anche Steven Paton, direttore del programma di monitoraggio fisico della Smithsonian Institute a Panama, facendo eco a quanto di recente denunciato da un gruppo di Piccoli Stati Insulari davanti al Tribunale Internazionale per il Diritto del Mare (ITLOS).



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“Rifugiati climatici”: gli ultimi dati

Secondo i recenti dati pubblicati dal Migrant Data Portal, nel 2023 il 77% dei 26,4 milioni di nuovi spostamenti interni legati a disastri registrati complessivamente lo scorso anno sono stati causati da condizioni meteorologiche come tempeste, inondazioni e siccità.

Il numero di migrazioni causate da eventi climatici disastrosi nel 2023 risulta il terzo più alto nell’ultimo decennio, conCina (4,7 milioni), Turchia (4,1 milioni), Filippine (2,6 milioni), Somalia (2 milioni) e Bangladesh (1,8 milioni) che si classificano come i cinque Paesi più colpiti.

Le inondazioni si confermano il pericolo maggiore, causa 9,8 milioni di spostamenti interni nel 2023, seguite a stretto giro dalle tempeste (per 9,5 milioni di migrazioni interne).

Come sottolinea ancora il report, il cambiamento climatico sta cambiando i modelli di precipitazioni e temperature e aumentando la frequenza e la gravità degli eventi meteorologici estremi in molte parti del mondo, mettendo a rischio la sicurezza alimentare e la vita di milioni di persone.

Secondo l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) “più di un miliardo di persone a livello globale potrebbero essere esposte a rischi climatici costieri entro il 2050, con decine di milioni di persone che potrebbero essere costrette a lasciare la propria casa nei prossimi decenni”.

Secondo il rapporto Groundswell della Banca mondiale, a causa del cambiamento climatico, 216 milioni di persone in sei regioni del mondo potrebbero essere costrette a spostarsi all’interno dei Paesi entro il 2050.

Il rapporto conferma che a pagarne di più il prezzo sono i più poveri e vulnerabili del mondo, che meno contribuiscono alle sue cause, concludendo che tuttavia, “un’azione immediata e più incisiva per ridurre le emissioni globali e sostenere uno sviluppo verde, inclusivo e resiliente, potrebbe ridurre la portata della migrazione climatica di ben l’80%” .

Innalzamento del livello del mare e violazione dei diritti umani

L’innalzamento dei livelli del mare è stato al centro anche di una recente e significativa pronuncia del Tribunale Internazionale per il Diritto del Mare (ITLOS), arrivata a seguito dell’azione portata avanti da alcuni Stati insulari che rischiano, come l’isola di Panama, di essere sommerse.

Nella sua pronuncia Il Tribunale internazionale, organo indipendente delle Nazioni Unite, ha concluso che le emissioni di gas serra prodotte dall’uomo costituiscono una forma di inquinamento marino, andando a danneggiare lo stato delle acque e gravando sull’innalzamento dei livelli.

La Corte, ha concluso quindi gli Stati firmatari della Convenzione ONU sul Diritto del Mare (UNCLOS), hanno la responsabilità di “prevenire, ridurre e controllare l’inquinamento marino” derivante da queste emissioni poiché il cambiamento climatico rappresenta una minaccia per molteplici diritti umani, in primis il diritto alla vita, alla salute e ad un ambiente salubre.

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